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Ecco
perchè una mucca inquina più delle auto
Rifiuti e gas, l'allevamento danneggia l'ambiente
DA LA ZAMPA.IT
14 MAGGIO 2009
MIRELLA SERI
Inquina di più la mia macchina o la cotoletta che ho nel piatto?
La questione è solo apparentemente paradossale. Ed è stata
sollevata dall'ultimo manifesto vegetariano del guru Jeffrey
Moussaieff Masson, «Chi c'è nel tuo piatto?» (Cairo editore).
Uscito in America due mesi fa, il saggio di questo ex
psicoanalista - che si è dedicato, nell'ultimo
decennio, a numerosi best seller sulla psicologia animale - è
oggi la bandiera deineovegetariani in tempi di febbre
suina.Masson ha conquistato non solo le classifiche ma anche
gran parte del popolo che, negli States, fa più opinione: quello
di Hollywood. Da Julie Christie a Susan Sarandon a Jude Law,
oggi più che mai dilaga negli studios il verbo degli aficionados
di piatti integrali e verdurine. E questo avviene anche perché
il predicatore (come riporta il «New York Times» nell'intervista
a Masson) ha elaborato una speciale teoria neovegetariana
sull'ampia gamma di veleni derivanti dalla nostra incontenibile
voluttà carnivora. Di che si tratta? Cifre alla mano, Masson
avverte che la
popolazione mondiale di mucche e maiali conta 2,5 miliardi di
esemplari. I rischi? Un sovraffollamento che, prima ancora di
finire nei supermercati e in pentola, alloggia negli allevamenti
intensivi, le cosiddette - dagli animalisti - Dachau del mondo
moderno. La disastrosa onda che ci sommergerà è proprio quella
dei debordanti, incontrollabili
escrementi dei nostri futuri alimenti. Tanto per farci un'idea:
il letame mondiale di bovini e suini ammonta a 80 milioni di
tonnellate. Gli insediamenti umani, invece, sono capaci di
produrne al massimo 30 milioni. Negli Usa, il quantitativo di
rifiuti animali è 130 volte superiore a quello degli uomini. Una
città di 50 mila abitanti produce feci pari a quelle di un solo
allevamento di maiali.E allora? Cosa ne deriva? Nei tribolati
campi di detenzione - imbottiti di antibiotici, ormoni,
venefiche farine - questi eserciti di mucche, scrofe e porcelli
ma anche di polli e galline si qualificano come vere e proprie
officine di metano. Il 20 per cento delle emissioni totali di
questo gas e dell'altrettanto nocivo ossido nitroso viene
causato dalle deiezioni del bestiame. E non basta. Mucche, tori
e pulcini sono responsabili del 64 per cento dell' ammoniaca in
circolazione e di conseguenza di dannosissime piogge acide. Per
produrre una gustosa lombatina sono necessari 10 mila litri
dacqua. E corsi di fiumi e falde sotterranee vengono contaminati
da urine ed escrementi. I danni? Infiniti. A Milwaukee, per
esempio, negli anni 90 la salmonella e l' escherichia coli
colpirono circa 400 mila persone. Centinaia i morti. E poi
sufficiente vivere nei pressi degli allevamenti industriali -
come hanno dimostrato recenti esperimenti
della Duke University e il «Journal of Agricultural Safety and
Health» - per contrarre un'ampia gamma di malattie, dall'asma
alle allergie, dalla depressione alla rabbia, alla confusione
mentale. Responsabile è la polvere sollevata da mandrie e
batterie di polli che porta in giro muffe e funghi. Nel solo
Texas ogni anno volteggiano più di 7.000 tonnellate di micidiali
particelle. I disastri non sono pochi. La produzione mondiale
dell'ambito cibo sta conoscendo,
per questo, una battuta di arresto? Viene disincentivata? Per
nulla. Anzi è in gran crescita. Secondo l'ultimo rapporto Fao il
consumo annuo pro capite è raddoppiato: dai 14 chili del 1980 è
passato ai 28 del 2002 e vi sarà ancora un altro raddoppio tra
un paio di decenni. A dare un notevole contributo oggi ci sono
gli appetiti dei paesi più poveri che si stanno conquistando i
loro quarti di bue, di carne bianca e rossa. Attualmente la
percentuale di anidride carbonica prodotta dagli allevamenti
supera quella dell'intero settore dei trasporti nel mondo,
ovvero da treni, navi, macchine e
aerei. Come dire: la nostra bistecca quotidiana, posta sul
piatto della bilancia ambientale, equivale a un viaggio in auto
lungo ben 40 chilometri.
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